Sì, avete capito bene. Non ha rubato. Non ha mentito. Non ha diffamato nessuno. Ha semplicemente fatto il suo lavoro. E questo, a quanto pare, in Italia è diventato un reato punibile con la perdita del sostentamento. Vi chiedo di leggere questo articolo fino alla fine. Non per me, ma perché quello che è successo a Gabriele Nunziati riguarda tutti noi. Ogni singolo cittadino.
Il Coraggio Ha un Prezzo Troppo Alto
Una Domanda che Costa la Carriera
Gabriele Nunziati lavorava per Agenzia Nova. Il 13 ottobre, durante una conferenza stampa a Bruxelles, ha rivolto una domanda alla portavoce della Commissione Europea Paula Pinho . Una domanda semplice, diretta: se la Russia deve pagare per la ricostruzione dell'Ucraina, Israele non dovrebbe fare lo stesso per Gaza, dato che ha distrutto gran parte della Striscia?
La portavoce ha glissato elegantemente. Ha definito la domanda "molto interessante" ma ha evitato di rispondere . Fin qui, tutto normale. I politici schivano domande scomode da sempre. È parte del gioco.
Ma quello che è successo dopo no. Quello non è normale.
Due settimane più tardi, il 27 ottobre, Nunziati ha ricevuto una lettera . L'agenzia interrompeva la collaborazione. Fine della storia. Fine del lavoro. Fine dei sogni di un giovane giornalista che aveva osato fare esattamente ciò per cui era stato assunto: fare domande.
La Scusa Ridicola di Agenzia Nova
E qui arriva la parte che mi fa davvero incavolare. Sapete cosa ha risposto Agenzia Nova? Che la domanda era "tecnicamente sbagliata" . Hanno tirato fuori una filippica sul diritto internazionale. La Russia ha invaso senza essere provocata, Israele ha subito un'aggressione.
Come se questo giustificasse qualcosa. Come se un giornalista non potesse mettere in discussione le narrative ufficiali. Come se chiedere coerenza nell'applicazione dei principi internazionali fosse un crimine.
Ma c'è di più. Agenzia Nova si è lamentata perché il video della domanda è stato ripreso da canali Telegram russi e media legati all'Islam politico . Hanno parlato di "imbarazzo" per l'agenzia.
Capite l'assurdità? Non licenziano Nunziati per quello che ha detto, ma per come altri hanno usato le sue parole. È come incolpare un testimone per quello che il suo avvocato dice in tribunale.
La Reazione: Troppo Poco, Troppo Tardi?
L'Ordine dei Giornalisti Alza la Voce
Almeno qualcuno ha reagito. L'Ordine dei Giornalisti ha denunciato l'accaduto . Ha ricordato che il ruolo del giornalista è proprio quello di porre domande scomode . Ha chiesto il reintegro di Nunziati .
Parole giuste. Sacrosante. Ma mi chiedo: basteranno?
Sandro Ruotolo, europarlamentare e giornalista, ha centrato il punto: "Punire un giornalista per aver posto una domanda significa punire il diritto dei cittadini a essere informati" Ecco cosa succede quando si zittisce chi fa domande. Non si colpisce solo lui. Si colpisce ognuno di noi.
Sigfrido Ranucci di Report ha fatto di più. Ha chiamato Nunziati, lo ha fatto venire in redazione, gli ha offerto solidarietà concreta . Ha parlato di coraggio, quella qualità rara tra politici e giornalistiì, il coraggio è raro. Perché costa troppo.
Il Sintomo di una Malattia Profonda
L'Italia e la Libertà di Stampa in Agonia
Ecco la verità che nessuno vuole ammettere: il caso Nunziati non è un'eccezione. È la norma. È il sintomo di una libertà di stampa in cancrena .
I numeri parlano chiaro. Nel rapporto 2025 di Reporters senza Frontiere, l'Italia è al 49° posto nella classifica mondiale sulla libertà di stampa. Abbiamo perso tre posizioni rispetto all'anno prima Siamo il fanalino di coda dell'Europa occidentaleateci. Siamo dietro a paesi che consideravamo "emergenti". Dietro a nazioni che guardavamo con sufficienza. E continuiamo a scivolare.
Non è un caso isolato quello di Nunziati. È il culmine di anni di pressioni, minacce, intimidazioni. Ricordate l'attentato a Sigfrido Ranucci? Quella è la violenza fisica. Questo è il ricatto economico.
Quando il Silenzio Diventa la Regola
Il vero problema non è che un giornalista venga licenziato. Il vero problema è il messaggio che passa: fai la domanda sbagliata e perdi il lavoro. Disturba il potere e finisci per strada.
E così i giornalisti imparano ad autocensurarsi. Evitano certi temi. Girano attorno a certe domande. Cercano di non "imbarazzare" le loro testate.
In una democrazia sana non esistono domande sbagliate . Esistono solo domande che danno fastidio a chi preferisce non rispondere.
Cosa Possiamo Fare Noi?
Non possiamo restare a guardare. Non possiamo scrollare oltre e dimenticare. Ogni volta che un giornalista viene punito per aver fatto il suo lavoro, perdiamo tutti un pezzo di libertà.
Dobbiamo sostenere chi ha il coraggio di fare le domande scomode. Dobbiamo premiare le testate che proteggono i propri giornalisti invece di sacrificarli sull'altare della convenienza. Dobbiamo far sentire la nostra voce quando vediamo ingiustizie come questa.
Perché se oggi tocca a Nunziati, domani potrebbe toccare a chiunque osi dire la verità.
Riflessione Finale
Il caso di Gabriele Nunziati ci mette di fronte a uno specchio. E quello che vediamo non è bello. Vediamo un paese dove il giornalismo viene trattato come un lavoro di regime. Dove chi fa domande viene punito. Dove la libertà di stampa è solo uno slogan vuoto.
Il compito del giornalismo non è compiacere, ma disturbare . Cercare la verità anche quando scomoda. Anche quando costa caro. Se licenziamo chi fa il proprio mestiere, il problema non sta nella domanda. Il problema sta in quella risposta che nessuno vuole dare.
Nunziati ha perso il lavoro. Ma ha guadagnato qualcosa di più prezioso: la dignità. Ha dimostrato che esistono ancora giornalisti disposti a rischiare per la verità. E questo, in tempi come questi, vale più di qualsiasi stipendio.
La domanda ora è: noi cittadini cosa siamo disposti a rischiare per difenderli?

Nessun commento:
Posta un commento