sabato 11 ottobre 2025

Gaza e dintorni: l'analisi spietata del fallimento della sinistra italiana

Ciao, cari lettori di Free-Italia, bentornati. Oggi affrontiamo un tema che brucia, che fa male, che molti non vogliono sentire. Ma se siete qui, se avete scelto di leggere queste righe, è perché sapete che su Free-Italia non ci nascondiamo dietro le cortine fumogene della retorica. Analizziamo i fatti. Anche quando fanno male. Anche quando smontano le nostre certezze. Restate con me fino alla fine: questa non è solo la storia di un fallimento politico. È la radiografia di una classe dirigente che ha tradito chi diceva di rappresentare.

Il Paradosso Che Nessuno Vuol Vedere

Scriviamo queste parole mentre la Striscia di Gaza vive finalmente una tregua. Dopo 467 giorni di inferno. Dopo oltre 47.000 morti palestinesi. Dopo che 300.000 profughi sono tornati a Gaza City camminando tra le macerie .

E chi ha firmato questo accordo?

Donald Trump.

Sì, proprio lui. Il "fascista". Il "guerrafondaio". Quello che la sinistra italiana ha dipinto per anni come l'incarnazione del male assoluto. Io stesso non condivido le sue idee politiche. Non condivido il suo stile, le sue politiche, la sua visione del mondo. Ma devo confrontarmi con un fatto incontestabile: mentre la sinistra italiana bloccava treni e vandalizzava città, Trump negoziava la pace siamo arrivati a questo punto? Come è possibile che il tanto odiato tycoon abbia ottenuto ciò che migliaia di manifestanti nelle piazze italiane chiedevano a gran voce?

La risposta è semplice e brutale: la sinistra italiana ha confuso la protesta con la politica. Ha scambiato l'indignazione morale per azione concreta. Ha preferito lo slogan al risultato.

L'Anatomia di un Fallimento Politico

Negli ultimi mesi l'Italia è stata attraversata da manifestazioni per Gaza. Piazze gremite. Cortei partecipati. Lo sciopero generale del 3 ottobre 2025 ha visto una mobilitazione significativa .

Bene. Anzi, benissimo. La mobilitazione popolare è sacrosanta. Il diritto di manifestare è inviolabile. Ma poi?

Poi è successo ciò che Francesco Paolo Colucci, psicologo sociale, ha descritto perfettamente: le mobilitazioni per Gaza "hanno sorpreso lo stesso ceto politico della sinistra" perché erano "spontanee, nate dal basso e inattese" .

Leggete bene queste parole. I partiti di sinistra non hanno generato quelle proteste. Le hanno cavalcate. Sono saliti sul carro quando era già in movimento. Hanno preso il megafono dopo che la gente era scesa in piazza da sola.

E quando è arrivato il momento di trasformare quella energia popolare in azione politica concreta? Quando è stato il momento di votare in Parlamento, di prendere una posizione chiara e netta?

Partito Democratico, Verdi e Sinistra Italiana si sono astenuti sulla mozione che sosteneva il piano di pace americano per Gaza .

Astenuti.

Non hanno votato contro. Non hanno avuto il coraggio di dire "no". Si sono nascosti nell'ambiguità parlamentare, in quella zona grigia dove non ti sporchi le mani, non rischi, non decidi.

Il Popolo Scende in Piazza, i Partiti Si Astengono

Questo è il cuore della crisi. Questo è il punto che dobbiamo capire se vogliamo comprendere perché la sinistra italiana continua a perdere consenso, credibilità, legittimità.

Come scrive Orazio Di Mauro su La Città Futura: "Mentre il popolo nelle piazze chiedeva con forza la fine dello sterminio e una condanna netta dell'aggressione israeliana, i partiti hanno scelto una posizione di sospensione e neutralità apparente" .

Un popolo che scende in piazza autonomamente. Un ceto politico che resta esitante, prigioniero dei suoi equilibri internazionali, delle sue paure, della sua incapacità di prendere posizione.

Le piazze chiedevano chiarezza. Il Parlamento ha risposto con ambiguità.

La base popolare voleva una condanna netta. I vertici politici hanno scelto l'astensione.

E mentre tutto questo accadeva in Italia – blocchi stradali, scioperi generali, manifestazioni infinite – Donald Trump sedeva ai tavoli della diplomazia internazionale e otteneva risultati. I 20 ostaggi israeliani ancora vivi saranno rilasciati. Circa 2000 detenuti palestinesi saranno liberati. Gli aiuti umanitari stanno entrando a Gaza. Il valico di Rafah riaprirà .

Non dico che sia la pace perfetta. Non dico che risolva tutto. Ma è un passo concreto. È infinitamente più di quello che ha ottenuto la sinistra italiana con i suoi mesi di proteste.

La Crisi È Strutturale, Non Congiunturale

Giovanni Orsina, storico e politologo della Luiss, ha colto perfettamente il problema: "La sinistra italiana fatica a reinventarsi, ridotta a un'anti-destra senza proposte concrete" .

La sinistra si è ridotta a essere contro qualcosa. Contro il fascismo (che non torna). Contro Trump. Contro Meloni. Contro Israele.

Ma a favore di cosa? Qual è il progetto positivo? Qual è l'alternativa credibile?

Piero Ignazi, professore di Politica comparata all'Università di Bologna, va ancora più a fondo: "Di fronte ai sommovimenti dell'opinione pubblica dopo l'11 settembre, la sinistra non ha saputo rispondere in alcun modo. Ha mantenuto la sua posizione umanista, ha richiamato al rispetto dei diritti civili per tutti, ma queste posizioni non hanno avuto la stessa forza evocativa di chi agiva sulla paura" .

In pratica? La sinistra ha mantenuto valori giusti – umanismo, diritti, apertura – ma ha perso la capacità di comunicarli efficacemente. Ha perso il contatto con le paure reali delle persone. Si è rifugiata in un moralismo astratto che non morde la realtà.

E su Gaza? Stesso identico schema. Indignazione morale sacrosanta. Ma zero capacità di trasformarla in risultati politici concreti.

Quando il "Puzzone" Batte i Progressisti

Francesco Maria Del Vigo sul Giornale pone una domanda provocatoria ma legittima: "E ora, i pacifisti militanti, disarmati del loro vessillo multicolor, con quali armi lo attaccheranno?" .

È una provocazione da destra, certo. Ma contiene una verità scomoda: Trump ha raggiunto l'obiettivo che tutti volevano raggiungere .

E questo manda in tilt l'intero sistema di valori della sinistra italiana. Perché se il "fascista" ottiene la pace mentre i "progressisti" ottengono solo titoli sui giornali, qualcosa nel racconto non torna.

Orsina lo spiega bene: "Abbiamo confuso il giudizio morale con quello di realtà. Trump si può criticare, anche duramente, ma prima bisogna capirlo. E invece, l'intellighenzia italiana – soprattutto quella progressista – stenta a capire" .

Abbiamo giudicato invece di analizzare. Abbiamo urlato invece di capire. Abbiamo protestato invece di negoziare.

E alla fine? Alla fine è quello che noi reputavamo il cattivo ad aver fatto la cosa giusta.

Il Blocco dell'Italia: Protesta o Autolesionismo?

Mentre Trump negoziava, in Italia si bloccavano treni. Si fermavano le ferrovie. Si vandalizzavano le città .

È questa la politica? È questo il modo di ottenere risultati?

Bloccare l'Italia – il nostro Paese, i nostri lavoratori, le nostre famiglie – per protestare contro una guerra lontana migliaia di chilometri è servito a qualcosa? Ha fermato i bombardamenti? Ha salvato vite?

No. Ha solo creato disagi ai cittadini italiani. Ha alienato consenso. Ha rafforzato l'immagine di una sinistra incapace di distinguere tra protesta simbolica e azione politica efficace.

Orsina è chirurgico: "L'emozione e lo sdegno per quanto successo a Gaza sono sentimenti nobili, ma spostano poco le scelte di voto" .

In altre parole: le piazze emotive, i blocchi simbolici, le manifestazioni indignate possono far sentire bene chi le organizza. Ma non cambiano la realtà. Non spostano voti. Non ottengono risultati.

La Distanza Tra Popolo e Rappresentanti

Questa è forse la diagnosi più dolorosa. Quella che dovrebbe far riflettere chiunque si senta di sinistra.

La base sociale della sinistra continua a mobilitarsi attorno a valori universali. I partiti che dovrebbero rappresentarla appaiono sempre più incapaci di portare questi valori in Parlamento .

Come scrive Orazio Di Mauro: "Da un lato, piazze gremite e compatte. Dall'altro, il ceto politico che, colto di sorpresa, ha cercato di cavalcare la protesta senza averla né prevista né generata" .

Un popolo vivo. Un ceto politico morto.

Una base che si mobilita autonomamente. Dei leader che arrivano sempre dopo.

Elettori che chiedono chiarezza. Parlamentari che scelgono l'ambiguità.

Francesco Paolo Colucci la chiama "crisi di rappresentanza": "Il ceto politico ex comunista, pur proclamandosi alternativo, ha replicato le stesse logiche di conservazione dei piccoli apparati" .

In pratica? Hanno cambiato il nome dei partiti – da PCI a PDS, da PDS a DS, da DS a PD – ma hanno mantenuto le stesse logiche di potere. Gli stessi giochi di palazzo. Le stesse rendite di posizione.

E il popolo? Il popolo si è stufato.

I Tre Aggettivi Della Crisi

Orsina descrive la crisi della sinistra con tre aggettivi devastanti: "Anacronistica, autoreferenziale, disconnessa" .

Anacronistica perché continua a usare categorie interpretative del Novecento per capire il presente. Continua a vedere fascisti dove non ci sono. Continua a urlare "al lupo" quando il lupo non c'è più.

Autoreferenziale perché parla solo a se stessa. Le sue battaglie – Gaza inclusa – mobilitano chi è già convinto. Non conquistano nuovi consensi. Non parlano a chi si è allontanato.

Disconnessa perché ha perso ogni contatto con la realtà. Non capisce più i bisogni reali delle persone. Non sa più parlare al Paese reale.

"È una sinistra che non capisce il tempo in cui vive. Che non riesce a reinventarsi. Che continua a parlare con le stesse parole e gli stessi strumenti, come se nulla fosse cambiato" .

Cosa Dovrebbe Cambiare (Ma Non Cambierà)

Ignazi offre una prospettiva interessante: "L'egemonia della sinistra nelle aree urbane e metropolitane costituisce il piedistallo da cui partire per andare alla conquista dei voti popolari prospettando una nuova politica economica finalmente pro-labour e non più solo pro-market" .

In altre parole: la sinistra ha conquistato i ceti borghesi urbani grazie ai suoi valori libertari e universalistici. Questo è un successo storico. Ma deve riconquistare i ceti popolari offrendo politiche economiche concrete, non solo battaglie culturali.

Su Gaza, questo significherebbe: sì all'indignazione morale, ma anche alla capacità diplomatica. Sì alle manifestazioni, ma anche alla trattativa. Sì alla condanna, ma anche alla proposta.

Invece cosa abbiamo avuto? Solo indignazione. Solo manifestazioni. Solo condanna.

E zero risultati.

La Lezione (Che Nessuno Imparerà)

Torniamo al punto di partenza.

Trump – con tutti i suoi limiti, le sue contraddizioni, il suo stile che a me non piace – ha negoziato un cessate il fuoco. Ha portato risultati.

La sinistra italiana ha riempito le piazze, bloccato il Paese, vandalizzato città. E in Parlamento si è astenuta.

Non è una questione di simpatia personale per Trump. È una questione di efficacia politica.

Come scrive Del Vigo: "Il mondo dem e radical chic come spiegherà che quel 'puzzone' di Trump ha raggiunto l'obiettivo che tutti volevano raggiungere?" .

La risposta è semplice: non lo spiegherà. Continuerà a demonizzare Trump. Continuerà a riempire le piazze. Continuerà a bloccare l'Italia.

E continuerà a perdere consenso. Credibilità. Legittimità.

Perché alla fine, la politica non si misura con gli slogan urlati in piazza o con i tweet indignati. Si misura con i risultati .

E su Gaza, mentre Trump mediava, la sinistra italiana ha solo protestato.

Riflessioni Finali: Il Popolo Merita di Più

Scrivo queste righe con rabbia. Non contro chi è sceso in piazza per Gaza. Non contro chi ha manifestato contro lo sterminio. Quella gente ha tutta la mia stima.

Scrivo con rabbia contro un ceto politico che ha tradito quella mobilitazione popolare. Che l'ha strumentalizzata. Che l'ha usata per riempire le piazze il sabato e poi si è astenuto in Parlamento il lunedì.

Il popolo della sinistra è ancora vivo. Ancora capace di mobilitarsi. Ancora portatore di valori universali.

I suoi rappresentanti sono morti. Incapaci di trasformare quella energia in azione politica. Prigionieri delle loro ambiguità. Schiavi dei loro equilibri internazionali.

La verità scomoda è che su Gaza la sinistra italiana ha fallito su tutta la linea. Ha confuso la protesta con la politica. L'indignazione con l'azione. Il simbolo con il risultato.

E quando un presidente americano contestatissimo ottiene più risultati di tutti loro messi insieme, forse è il momento di ammettere che qualcosa non funziona.

Non sto diventando trumpiano. Sto solo riconoscendo i fatti.

E il fatto è questo: mentre la sinistra bloccava l'Italia, Trump mediava la pace.

Fa male ammetterlo? Sì. Ma negare la realtà serve solo a perpetuare il fallimento.

La sinistra italiana deve fare i conti con questa débâcle. Deve capire che le piazze da sole non bastano se poi manca il coraggio politico in Parlamento. Deve smettere di vivere di rendita su posizioni comode e iniziare a prendere decisioni difficili.

Altrimenti continueremo ad assistere a questo paradosso tragico: un popolo che scende in piazza per chiedere la pace, mentre i suoi rappresentanti si astengono. E un presidente che tutti odiano che ottiene più risultati di chi dice di voler bene al mondo.

È questa la sinistra che vogliamo? Perché se la risposta è sì, preparatevi ad altre delusioni. Molte altre.

Se invece vogliamo qualcosa di diverso – una sinistra capace di trasformare l'energia popolare in risultati concreti, di portare le istanze delle piazze dentro le istituzioni, di avere il coraggio delle proprie scelte – allora è ora di cambiare tutto. Radicalmente.

Perché alla fine, cari lettori, Gaza ci ha insegnato una lezione brutale: la politica non perdona l'incompetenza. Nemmeno quando è ammantata di nobili intenzioni.


Questo articolo è stato scritto per voi da Free-Italia, dove i temi complessi del nostro tempo vengono analizzati senza paura di dire la verità. Anche quando brucia.


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