martedì 16 marzo 2021

Caso AstraZeneca, il flop (anche politico) che affloscia il piano vaccinale

Bloccate per tre giorni, “in via del tutto precauzionale”, le vaccinazioni con il prodotto AstraZeneca. Vanno avanti quelle con Pfizer (parecchie dosi) e Moderna (pochissime), in attesa che presto l’Ema – Agenzia europea del farmaco – autorizzi lo Sputnik russo e altri prodotti ormai in dirittura d’arrivo (il tedesco Curevac, lo statunitense Novavax, un paio di quelli cinesi).

Johnson&Johnson è già approvato, dovrebbe cominciare ad arrivare tra un mese, ma anche questa multinazionale ha annunciato una riduzione nelle forniture previste nel contratto. Si vede che hanno trovato chi paga di più…

La decisione è stata presa praticamente da tutta l’UE, da giorni sotto pressione per il ripetersi di casi con “controindicazioni” gravi, soprattutto trombosi, fino alla morte di alcune persone subito dopo la vaccinazione. “Correlazione temporale” che non implica una correlazione pratica, ma certamente non induce alla fiducia…


Ieri hanno fermato tutto Germania, Italia, Francia e Spagna. Ma nei giorni precedenti avevano fatto altrettanto molti piccoli paesi (i baltici, Danimarca, Islanda, Norvegia, ecc). Troppi casi e troppo diversi tra loro per derubricare il tutto a generico “allarmismo”.


Sgombriamo subito il campo dalle scemenze. Un virus si combatte davvero soltanto con i vaccini (le misure di sicurezza, anche applicate seriamente come in Cina e altrove, possono contenere il pericolo, non eliminarlo).

Ed è altrettanto ovvio che, come tutti i farmaci, abbiano anch’essi delle “controindicazioni” ma che – nel complesso – i vantaggi sono straordinariamente superiori ai pericoli (detta con brutale cinismo: se anche si dovessero registrare 100 morti in seguito a somministrazione di vaccino, questi sono infinitamente meno degli oltre 100.000 che abbiamo già avuto in questo solo Paese).

Ma ogni vaccino è diverso dall’altro per principio attivo, metodo di conservazione, modalità di fabbricazione (e stabilimento di produzione, visto che si tratta sempre di multinazionali) e “infialamento” (per qualche imperscrutabile ragione alcuni vaccini vengono prodotti in un luogo, ma le fialette vengono riempite in un altro).

Dunque si possono sempre verificare problemi in qualche punto della catena produttiva e distributiva. E un certo prodotto vaccinale che dà luogo a numerosi casi problematici va verificato a fondo, prima di dire a chi dovrà farselo iniettare lo scontato “stai sereno”.

Anche perché Big Pharma ha una lunga storia di truffe, intossicazioni, nascite abnormi, avvelenamenti, tossicodipendenze indotte, ecc. E dunque la diffidenza di massa ha avuto parecchie decine di occasioni per consolidarsi.

Il problema è che questo stop, anche se breve, avrà conseguenze sul già non molto brillante “piano vaccinale” di tutta Europa, visto che la maggior parte delle dosi “previste” nei contratti erano proprio di provenienze AstraZeneca, vista la facilità di conservazione rispetto ai molto più impegnativi, logisticamente, Pfizer e Moderna.

Questo costringe tutti i governi continentali, e soprattutto il nostro, più incline della media a promettere molto e fare poco, ad agire molto sulla “comunicazione” mentre l’apparato logistico di distribuzione – descritto ora come “formidabile” perché militarizzato e con un generale al comando – è fermo in attesa di qualcosa da distribuire.


La questione, a volerla dire tutta seriamente, non nasce dalle “inefficienze del pubblico”, e tantomeno dalle “incertezze della scienza”, ma dalla “carognaggine del privato” (le multinazionali, in questo caso del farmaco) e dall’asservimento dell’Unione Europea – e dunque di tutti i Paesi membri – agli interessi di un pugno di aziende che fanno il bello e il cattivo tempo con la salute di miliardi di persone.

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