martedì 14 ottobre 2025

La violenza ha distrutto lo sport a Udine. Basta.

Benvenuti cari lettori di Free-Italia. Oggi vi scrivo con il cuore pesante e le mani che tremano sulla tastiera. Non per la mia condizione fisica—sto benone—ma per quello che ho visto accadere ieri sera a Udine. Prima di chiudere questa pagina, vi chiedo di restare con me fino alla fine. Perché quello che è successo riguarda tutti noi, riguarda cosa siamo diventati come società, riguarda il futuro dello sport che tanto amiamo. E soprattutto, riguarda la domanda più semplice e devastante che possiamo porci: quando abbiamo smesso di credere che lo sport possa unirci invece che dividerci?

La Notte in cui il Calcio è Diventato Secondario

14 Ottobre, ore 20:45. Dovrebbe iniziare una partita di calcio. Italia contro Israele, qualificazioni mondiali. Invece, per le strade di Udine, va in scena qualcosa di molto diverso. Molto più oscuro.

Circa 10.000 persone hanno manifestato pacificamente . Sì, avete letto bene: pacificamente. La stragrande maggioranza di quelle diecimila anime ha espresso il proprio dissenso senza alzare una mano, senza lanciare un sasso, senza ferire nessuno. Ma poi è bastato un centinaio di persone—cento su diecimila—per trasformare una serata di sport in una scena da guerriglia urbana .

Transenne sollevate e scagliate contro i blindati della polizia. Bottiglie che volano nell'aria come missili improvvisati. Tombini divelti dal terreno. Pezzi di grondaie strappati dagli edifici e usati come armi. E in mezzo a tutto questo caos, persone che stavano semplicemente facendo il loro lavoro: giornalisti che raccontavano i fatti, agenti che cercavano di mantenere l'ordine, tifosi che volevano solo vedere una partita.

Il Prezzo della Violenza Scritto sui Corpi

Elisa Dossi, giornalista di RaiNews24, colpita da una pietra mentre svolgeva il suo lavoro . Un altro giornalista del Local Team con un trauma cranico così grave da necessitare un consulto oculistico d'urgenza Un carabiniere ferito Questi non sono numeri. Sono persone. Sono esseri umani che quella sera sono usciti di casa per fare il proprio dovere e sono tornati feriti.

E per cosa? Per una partita di calcio che doveva essere "l'inizio di un cammino di speranza e riconciliazione", come ha detto il ministro Ciriani . Invece è diventata l'ennesima occasione per dimostrare quanto siamo bravi a distruggere invece che a costruire.

Lo Sport Come Ostaggio delle Nostre Rabbie

Lasciatemi essere chiaro su una cosa: non sto qui a giudicare chi manifesta pacificamente. Non sto qui a dire che le persone non hanno il diritto di esprimere il proprio dissenso. Ma c'è un limite. Sempre. E quel limite si chiama violenza contro altre persone.

Il questore Pasquale Antonio de Lorenzo ha dovuto ordinare "cariche di alleggerimento" per riguadagnare il controllo della piazza . Traduzione: la situazione era così fuori controllo che serviva la forza per ripristinare l'ordine. Lacrimogeni. Idranti. Mezzi antisommossa. Tutto questo non per una zona di guerra, ma per una partita di calcio .

Quando lo Stadio Diventa una Fortezza

All'ingresso dello stadio, pedane speciali per controllare la presenza di esplosivi sotto ogni veicolo . Cecchini posizionati in punti strategici. Droni che sorvolano l'area. Unità cinofile degli artificieri. Metal detector che controllano ogni singola persona.

Vi rendete conto di cosa significa tutto questo? Significa che per vedere una partita di calcio, per assistere a uno sport che dovrebbe rappresentare il meglio della competizione umana, abbiamo dovuto trasformare uno stadio in un bunker militare.

E non è finita. I giocatori israeliani sono arrivati scortati da "un nutrito numero di veicoli delle forze dell'ordine e con un elicottero che ha accompagnato il pullman nell'intero tragitto" . Un elicottero. Per scortare degli atleti che vogliono giocare a calcio.

Il Paradosso che Nessuno Vuole Vedere

Ecco la parte che mi fa davvero male. Durante il corteo, il servizio d'ordine organizzato dagli stessi manifestanti ha allontanato un gruppo di black bloc dalla piazza . E sapete cosa è successo? La folla ha applaudito. Ha applaudito l'allontanamento dei violenti.

Questo vi dice tutto. Anche all'interno della protesta stessa, la maggioranza delle persone riconosceva che la violenza non era la risposta. Eppure, quei cento—solo cento su diecimila—sono riusciti a rovinare tutto .

Il Fischio e il Canto

Allo stadio, l'inno israeliano è stato sommerso dai fischi. Va bene, è una forma di protesta. Posso non essere d'accordo, ma posso capirla. Ma quando è risuonato l'inno italiano, tutti hanno cantato. Tutti insieme, come se niente fosse.

Questo contrasto mi dice qualcosa di profondo sulla nostra natura umana. Possiamo essere uniti quando serve, quando si tratta di noi. Ma diventiamo divisi, violenti, irrazionali quando si tratta degli altri.

La Politica che Dovrebbe Stare Fuori

"La politica dovrebbe rimanere fuori da queste occasioni", ha detto Ciriani prima della partita . Ed è stato profetico. Perché quello che è successo a Udine non aveva più nulla a che fare con lo sport. Era diventato un ring politico dove i pugni erano veri e le ferite reali.

Meno di 10.000 biglietti venduti per una partita della nazionale E la presenza effettiva era circa la metà Lo stadio mezzo vuoto mentre fuori infuriavano gli scontri. Questa è l'immagine che mi porterò dietro: uno stadio vuoto e strade piene di rabbia.

Il Messaggio che Mandiamo al Mondo

Cosa abbiamo detto al mondo quella sera? Che in Italia non siamo più capaci di ospitare una partita di calcio senza che diventi un campo di battaglia. Che abbiamo bisogno di cecchini e droni per proteggere degli atleti. Che la violenza è diventata la nostra prima lingua, quella che parliamo quando non sappiamo più cosa dire.

Il sindaco di Udine, Alberto Felice De Toni, l'ha detto chiaramente: "Quello che è accaduto stasera è di una gravità inaccettabile. La nostra città ripudia con forza la violenza" . Ma le parole non bastano più. Non quando abbiamo giornalisti con traumi cranici e agenti feriti.

La Violenza Non Ha Bandiera

Lo dico forte e chiaro: la violenza è nemica dello sport. Punto. Non importa quale causa sostieni, quale bandiera sventoli, quale ideologia abbracci. Quando sollevi una transenna per colpire un altro essere umano, hai già perso. Hai già tradito qualsiasi principio dicessi di difendere.

E qui sta il punto che voglio farvi capire: non sto facendo politica. Non sto prendendo posizione su questioni geopolitiche che sono infinitamente complesse. Sto solo dicendo una cosa semplicissima: la violenza contro persone che non ti stanno attaccando è sempre sbagliata.

Quei cento manifestanti che hanno attaccato le forze dell'ordine , che hanno ferito giornalisti, che hanno trasformato le strade in un campo di battaglia—non stavano difendendo nessuna causa. Stavano solo distruggendo. E la distruzione non costruisce mai nulla di buono.

Cosa Salviamo di Questa Notte?

Voglio salvare una cosa da tutto questo disastro: quegli applausi quando i violenti sono stati allontanati . Quello è il cuore di chi siamo davvero. Diecimila persone che hanno detto no alla violenza. Che hanno riconosciuto che c'è un limite che non si deve superare.

Ma quegli applausi non sono stati abbastanza. Non hanno fermato i sassi. Non hanno fermato le transenne. Non hanno protetto Elisa Dossi e gli altri feriti.

Il Costo Reale

Non Vengo da Udine ma Conosco quelle strade, Conosco quella città. E mi fa male vederla trasformata in questo. Mi fa male pensare che per vedere la nostra nazionale giocare, abbiamo bisogno di un esercito.

Circa 358 sigle di partiti e movimenti hanno aderito al corteo . Trecentocinquantotto. Ma bastano cento persone violente per distruggere l'immagine di tutte le altre. Bastano cento persone per trasformare una protesta legittima in una guerriglia urbana.

Il Futuro che Non Voglio

Non voglio un futuro dove ogni partita di calcio richiede cecchini. Non voglio un futuro dove i giornalisti vanno a lavoro con l'elmetto. Non voglio un futuro dove lo sport è ostaggio della nostra incapacità di gestire i conflitti senza alzare le mani.

Il ministro Zangrillo ha detto che "la violenza è la loro vera bandiera" . E ha ragione. Perché quando la violenza diventa il tuo strumento, allora quella è l'unica cosa che rappresenti. Non importa cosa pensi di difendere.

Il Messaggio che Dobbiamo Mandare

Forza Italia. No, non come partito politico—quello lo lascio ad altri. Forza Italia come incoraggiamento alla nostra nazionale, alla nostra capacità di essere migliori. Forza Italia come speranza che possiamo imparare da questa notte orribile.

Perché se c'è una lezione da imparare da Udine, è questa: la violenza non risolve nulla. Non convince nessuno. Non cambia niente. Lascia solo ferite, rancore e la certezza che abbiamo fallito come società.

Quello che Vi Chiedo

Vi chiedo di non dimenticare questa notte. Di non normalizzare quello che è successo. Di non accettare che questa sia la nuova normalità.

Vi chiedo di alzare la voce quando vedete la violenza, anche quando viene da chi pensate sia dalla vostra parte. Perché la violenza non ha parte. È solo violenza.

Vi chiedo di ricordare che lo sport esiste per unirci, non per dividerci. Che una partita di calcio dovrebbe essere un'occasione di gioia, non di guerra.

E vi chiedo di credere—come credo io—che possiamo fare meglio. Dobbiamo fare meglio.


Riflessione Finale

Mentre scrivo queste parole, penso a Elisa Dossi al pronto soccorso . Penso al giornalista con il trauma cranico. Penso al carabiniere ferito. E penso a tutti quei tifosi che volevano solo vedere una partita e si sono ritrovati in mezzo a una guerra.

La violenza è nemica dello sport perché è nemica di tutto ciò che ci rende umani. È nemica della ragione, del dialogo, della possibilità stessa di trovare un terreno comune.

Quella sera a Udine abbiamo perso qualcosa di prezioso. Abbiamo perso la capacità di credere che lo sport possa essere un momento di tregua, un'oasi di normalità in un mondo già troppo diviso.

Ma non è troppo tardi per riprenderci quello che abbiamo perso. Non è troppo tardi per dire basta. Per scegliere la pace invece della guerra, il dialogo invece delle transenne, le parole invece delle pietre.

Forza Italia. Non come slogan politico, ma come grido di speranza. Come promessa che possiamo essere migliori di quello che siamo stati quella notte.

Perché lo sport merita di più. E anche noi.


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