venerdì 9 ottobre 2020

Il Covid-19 sta accentuando sempre più le disuguaglianze

Negli Stati Uniti i morti per Covid-19 sono circa 200 mila, lo stesso numero di deceduti con i bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki. Non solo, sono di più delle vite americane perse nella guerra in Vietnam, l’11 settembre e la Prima guerra mondiale messe insieme. Ora, dopo aver minimizzato per mesi sulla diffusione della pandemia, anche il presidente Trump, è risultato positivo al Covid-19. Chissà se è ancora convinto del fatto che ‘la malattia non colpisce praticamente nessuno’. Evidentemente il Presidente uscente degli Usa si riferiva ai suoi amici miliardari. I ricchi hanno meno probabilità di contagiarsi. Le ragioni sono ovvie. Non vanno al lavoro. Non devono spostarsi affollando i mezzi di trasporto ed i luoghi di ritrovo che frequentano sono ‘esclusivi’. Non solo. Secondo Ips molti di essi hanno visto le loro ricchezze ‘espandersi nel periodo della pandemia’.


La ricchezza di circa 600 miliardari statunitensi è cresciuta notevolmente. Quella dei cinque più ricchi è aumentata ancora più velocemente. ‘Jeff Bezos (Amazon), Bill Gates (Microsoft Corporation), Mark Zuckerberg (Facebook Inc.), Warren Buffet (Berkshire Hathaway) ed Elon Musk (Tesla, SpaceX, Neuralink e The Boring Company) hanno visto un aumento del 59% della loro ricchezza tra il 18 marzo ed il 20 settembre è passata da $ 358 miliardi a $ 569 miliardi’.


Le disuguaglianze si manifestano con un divario crescente dei redditi e una concentrazione delle ricchezze su una quota sempre minore della popolazione. L’indice di Gini, utilizzato per misurare questo fenomeno, mostra come, nei paesi occidentali, dopo una tendenza alla perequazione dei redditi avvenuta nei decenni del boom economico, le disparità sono tornate a crescere sino a toccare i livelli di inizi del 900 in conseguenza delle crisi del 2008 e del 2012. Oggi però, gli effetti del Covid 19 stanno accelerando l’allargamento del divario fino al punto di rischiare di renderlo insostenibile.


Nonostante l’inattesa crescita dell’occupazione appena annunciata (ma concentrata in quei settori che erano stati temporaneamente chiusi per lockdown, come ristoranti, bar, lavanderie), negli Usa milioni di cittadini si sono iscritti alle liste di disoccupazione. In un articolo del New Yorker di alcune settimane fa si riportava che il 40% degli americani non raggiunge i 400 dollari di risparmi per far fronte alle emergenze e che per gli occupati a basso reddito tre giorni senza lavoro sono sufficienti per privarli dei mezzi per acquistare i generi alimentari necessari alle loro famiglie.


IL DIVARIO NON È SOLO ECONOMICO, MA ANCHE SOCIALE E SANITARIO

Ad oggi, ad esempio, nel bel mezzo della crisi, non vi è dubbio che i lavoratori a più basso reddito siano quelli costretti a subire i rischi maggiori di contagio per la necessità di lavorare in fabbrica, nei negozi o sulle strade, moltiplicando il numero di contatti e le occasioni di contrarre il virus. Il loro indispensabile ruolo è stato spesso formalmente riconosciuto, sebbene la realtà produca esiti tra loro discordanti. Mentre con il decreto Rilancio, infatti, si è portato a casa il riconoscimento dei lavoratori migranti, il Tribunale di Milano ha disposto il commissariamento della filiale italiana di Uber per il sospetto di sfruttamento dei rider che fanno consegne a domicilio.


Disparità e ingiustizie tendono di solito ad esacerbarsi nei momenti di choc, siano essi economici, sanitari o, come nella situazione attuale, entrambi. Sempre dagli Usa giungono bollettini di guerra sconfortanti. Agli inizi della pandemia, Bloomberg titolava: “Covid 19 sta diventando la malattia che ci divide per razza, per classe sociale e per età”. Più recentemente il New York Times riportava i risultati di un’indagine secondo cui il 52% dei lavoratori a basso reddito dichiarava che loro stessi o un componente della famiglia aveva perso il lavoro o subito un taglio al salario a causa del Coronavirus. Questa percentuale è del 44% nel caso di lavoratori a basso reddito di origine africana e del 61% per gli ispanici, contro un 38% dei bianchi americani.


Studi sulle pandemie dei secoli scorsi hanno mostrato un incremento sul lungo termine dei salari delle categorie più deboli. Dobbiamo tuttavia tener conto che ciò avvenne, nella gran maggioranza, a causa del tragico livello di mortalità di quegli eventi e della conseguente scarsità di offerta per lo svolgimento di lavori servili. Oggi, paradossalmente, in un contesto per fortuna migliore da un punto di vista sanitario, c’è da attendersi un peggioramento delle condizioni economiche e sociali. Tanto più che in Europa, come negli Usa, si stenta a individuare un partito o un sindacato capaci di proteggere questa grande e anonima platea di lavoratori poveri e silenziosi, per via delle condizioni di frammentazione e isolamento estremo in cui molte loro categorie si trovano ad operare.


NEL FRATTEMPO, COSA STA ACCADENDO ALLA CLASSE MEDIA?

Grazie alle maggiori possibilità di distanziamento sociale garantite dallo smart working, la classe media appare al momento privilegiata. Almeno dal punto di vista sanitario. E per il resto? Questo strato sociale si sta restringendo in tutti i paesi occidentali, come effetto congiunto della competizione globale, dell’innovazione tecnologica e del minor potere contrattuale in un mondo costituito da monopoli digitali che sovrastano i confini e le regole nazionali.


Siamo orami lontani dall’epoca dello sviluppo post-bellico che determinò la crescita di una classe media vitale, secondo un circolo virtuoso che, partendo dalla produzione su larga scala e dalla nascita delle grandi corporation, creò maggiore occupazione, salari più elevati e grazie ad essi lo sviluppo dei consumi di massa.


Oggi, stima l’Oecd, c’è un gap di almeno 10 punti percentuali, in termini di appartenenza alla classe media, tra i vecchi baby boomer e gli attuali millennial e questi ultimi corrono il rischio costante di uscirneGli effetti di questi fenomeni sull’economia sono evidenti: peggioreranno i dati sull’occupazione, in particolare nelle fasce dei lavoratori più anziani e di più difficile ricollocazione e tra i giovani non laureati e con più bassa qualificazione.


Ciò porterà, inevitabilmente, a un’ulteriore contrazione della domanda interna, oggi debole per l’effetto della già elevata disoccupazione e di una maggiore preoccupazione per gli effetti futuri della pandemia, che induce ad incrementare i risparmi, per coloro che possono permetterselo.


Il tasso di mortalità negli Usa è simile a quello di altri paesi in via di sviluppo ‘altamente diseguali’ come Brasile e Messico. Percentuale che è superiore rispetto a quella delle nazioni sviluppate più ‘egualitarie’ e con un buon sistema sanitario pubblico come Italia e Germania. Non solo, i decessi per Covid-19 dei neri americani sono doppi rispetto a quelli delle altre razze del continente.


Il Coronavirus sta facendo emergere le criticità tipiche del sistema economico capitalistico. Anziché ridurre le ingiustizie le sta aggravando. I ricchi sono sempre più ricchi ed hanno meno probabilità di ammalarsi ed in ogni caso possono avvalersi dei migliori centri di cura in caso di contagio. Non rischiano il posto di lavoro e comunque dispongono di patrimoni che gli garantiscono la stabilità economica. No, nonostante i progressi delle tecnologie produttive e della crescita culturale dei ceti più disagiati, continuano ad aumentare le disuguaglianze e le ingiustizie, quando cominceremo a cambiare rotta?

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