martedì 21 aprile 2020

Huston, abbiamo un problema: gli allevamenti intensivi.

Secondo voi, qual è la maggior fonte di inquinamento atmosferico?
Stando ai dati riguardanti il particolato primario (PM 2,5) possiamo senz’altro rispondere il riscaldamento domestico.. ma se guardiamo i dati rispetto al particolato secondario (PM 10) i risultati cambiano: il riscaldamento domestico è sempre al primo posto (38%), ma nel gradino sotto notiamo un dato meno noto, gli allevamenti intensivi. Secondo uno studio dell’Ispra, il loro contributo passa dall’1,7% (PM 2,5) al 15,1% (PM 10), diventando la seconda fonte in Italia di inquinamento totale da polveri.

Se per ovviare al problema dell’inquinamento generato dai trasporti e dal riscaldamento domestico è sufficiente ricorrere al blocco del traffico e ad una temperatura interna più bassa, per il settore allevamenti non è ugualmente facile intervenire: secondo Ispra, si dovrebbe ricorrere ad «azioni più strutturali, come la riduzione dei capi o le opzioni tecnologiche».

Purtroppo il contenimento di questo tipo di inquinanti è quasi fuori controllo come dimostrato dai trend dell’ultimo decennio: sono diminuiti l’inquinamento dovuto al trasporto su strada, quello legato ad agricoltura, industria e produzione energetica, ma è aumentata la quota legata al settore allevamenti: dal 10,2% al 15,1% in sedici anni (oltre al riscaldamento domestico, dal 15% del 2000 al 38% del 2016).

Come se non bastasse, gli allevamenti intensivi, oltre ad essere vere e proprie fabbriche, sono responsabili di circa l’80% della deforestazione a livello mondiale.

Inoltre, ogni anno, attraverso la Politica Agricola Comune, vengono spesi miliardi di euro di fondi pubblici europei per finanziare il sistema degli allevamenti intensivi che comprendono attività di allevamento e di produzione di colture destinate alla mangimistica.

Una direttiva dell’Unione Europea del 2016 ha ridotto del 40% il tetto delle emissioni consentite di PM primario, oltre ad aver introdotto i limiti per le emissioni di ammoniaca entro il 2030.
Per quanto riguarda l’Italia, le prime direttive a livello regionale risalgono al 2016 e prevedono il divieto di spandimento dei reflui zootecnici da novembre a febbraio e la copertura delle apposite vasche; il problema è che una normativa regionale non assicura i controlli come una legge nazionale. Il risultato sono emissioni sempre più in crescita dovute anche ad un’autogestione sregolata del trattamento dei reflui.

In conclusione, vorremmo portarvi a riflettere sulla percezione che ognuno di noi ha rispetto l’importanza e al potere che hanno le nostre abitudini, in questo caso alimentari.
Abbiamo una percezione sbagliata del problema, ovvero: è lontano da me.

Allora, nella speranza di cercare di cambiare questa percezione vi lasciamo con una frase stimolante di Ángel Luis Lara, sceneggiatore e studioso di cinema, che dice: “Il problema che affrontiamo non è solo il capitalismo in sé, ma anche il capitalismo in me”.

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