venerdì 4 novembre 2011

UNITI NEL DISASTRO

Arriva fin qui più a Sud l’appello, sincero e accorato del governatore Zaia. Arriva qualche ora prima del nuovo e annunciato “diluvio universale” che, secondo le previsioni degli esperti in meteorologia, dovrebbe abbattersi per la seconda volta nel breve spazio di una settimana su questa terra di confine, tra bassa Liguria e Alta Toscana, che l’acqua e il fango hanno già provveduto a trasformare in un cimitero di uomini e di cose a cielo aperto. L’angoscia e il terrore che, in queste ore, sta ammorbando l’aria respirata dai cittadini di Aulla piuttosto che da quelli dell’ex paradiso naturale delle Cinque Terre sono sentimenti identici a quelli tragicamente provati dal popolo veneto e da quello piemontese nei giorni in cui “i pesci venivano fuori dal fiume” messaggeri, loro malgrado, di devastazione e di morte.
Ecco perché l’appello alla solidarietà del Governatore sulla necessità della creazione di un “asse”, autenticamente programmatico, per la difesa e per la salvaguardia di queste tre regioni costantemente a rischio non si colloca nelle pagine del solito libro che la politica in senso ampio si preoccupa talvolta di redarre per poi depositarlo nello scaffale delle biblioteca biblioteca della retorica e delle promesse disattese. Mentre a Cannes i grandi della terra stanno discutendo su come poter fare per evitare il default di un Continente talmente vecchio da sembrare decadente, in Toscana e in Liguria si gira il remake di un film-verità a suo tempo realizzato proprio in Veneto e prima ancora in Piemonte con scene bibliche di ordinaria disperazione: evacuazioni, tentativi di tamponamento con argini artificiali, resistenza del popolo che non vorrebbe abbandonare le proprie case e le sue cose, occhi puntati verso il cielo che si fa sempre più denso di nubi nere. Il tutto a margine di funerali appena celebrati e di preghiere in onore ai caduti di una guerra tra forze impari. Il rischio, reale, è che tutto ciò oltre a far parte di uno spettrale dejà vu si possa ripetere. E si ripeterà se le parole e gli intendimenti di Zaia non troveranno insieme con quelle di altri “responsabili” un canale dove, dopo essersi riunite ed omogeneizzate, avranno la forza di diventare una concreta realtà più forte della violenza dei fiumi e più salda delle nostre terre sbriciolate dall’avidità immobiliare. Certo, per fare in modo che questo accada ci vorrà un poco di tempo e soprattutto il coraggio da parte di chi amministra e agisce nel nome della collettività di ammettere che la colpa di questi disastri non sono della natura matrigna o del destino avverso ma del “homo homini lupus”. Nell’attesa sarebbe bello e utile che un poderoso “mantra” si sviluppasse in una catena solidale lunga dal Veneto alla Lunigiana, passando per il Piemonte. Lo potrebbe ascoltare il cielo, forse, ed essere misericordioso.

Nessun commento:

Posta un commento